Recensione a L'immunità della filosofia. Riflessioni sulla tecnica e decostruzioni del moderno dopo Derrida di Bernard Stiegler
ABSTRACT
This article offers a review of the book L’immunità della filosofia. Riflessioni sulla tecnica e decostruzioni del moderno dopo Derrida (Castelvecchi 2021). The work collects some lectures given by Stiegler at the University of Zurich and a text originally published in German. Given the growing interest in the author’s work in the Italian debate, this text provides the key to understanding his central concepts, whose genesis is intertwined with some central authors, such as Derrida and Simondon.
KEYWORDS
Stiegler, Derrida, Modernity, Technics, Deconstruction.
Il nome di Bernard Stiegler non può che comparire nel novero degli autori che hanno posto la questione della tecnica in modo originale e, soprattutto, privo di una pregiudiziale demonizzazione o beatificazione – che tanto ha gravato su molti pensatori del Novecento che si sono accostati al tema.1 Stiegler, morto nel 2020, ha lasciato una mole imponente di testi che solamente negli ultimi anni hanno ottenuto uno spazio nel dibattito italiano, e ciò grazie ai primi lavori di traduzione i quali, seppur in uno stato ancora embrionale, offrono al lettore la possibilità di addentrarsi nei temi centrali della riflessione stiegleriana. Si potrebbe affermare che Stiegler lavori intorno all’elaborazione di alcuni concetti chiave di cui il recente volume pubblicato in italiano, L’immunità della filosofia. Riflessioni sulla tecnica e decostruzioni del moderno dopo Derrida (Castelvecchi 2021)2, consente di comprendere la genesi, fungendo da utile viatico. Il testo è costituito da due parti: la prima, Elementi per una organologia generale, è la traduzione di un corso tenuto all’Università di Zurigo nel 2012; la seconda, Di una farmacologia positiva, rappresenta invece la traduzione di un testo comparso originariamente in tedesco.3
“Organologia generale” e “farmacologia” sono i due concetti centrali del pensiero di Stiegler, a cui giunge attraverso un fitto dialogo con numerosi autori; tra questi, in particolare, come sottolineato dal titolo dell’edizione italiana, Jacques Derrida, che per Stiegler ebbe un’importanza non solo teorica – sotto la sua supervisione infatti vide la luce il primo volume di La technique et le temps – ma anche biografica, in quanto furono i suoi testi a condurlo sulla strada della filosofia durante gli anni in prigione in seguito ad una rapina a mano armata.4 È proprio attraverso un confronto incessante e proficuo con Derrida e Simondon – altro autore centrale, come si avrà modo di sottolineare in seguito – che Stiegler, in questo testo, chiarisce i suoi principali punti di approdo.
Se il contesto che Stiegler cerca di analizzare è la modernità, intesa come «capitalismo industriale che genera a sua volta l’era dell’Antropocene e il Gestell come suo stadio ultimo»,5 allora la cornice teorica utilizzata sarà quella di un’organologia generale la quale:
tenta di fondare una teoria di ciò che costituisce la vita tecnica concepita come un processo, la cui evoluzione è indissolubilmente psico-socio-tecno-logica, oltre che relativamente bio-logica […]. Nel suo insieme questo processo è pensato attraverso il concetto simondoniano di processo di individuazione.6
La prima parte del testo ruota intorno all’esplicazione di questa definizione, cui giunge attraverso una ricostruzione dei rapporti con i vari autori che ne hanno reso possibile l’elaborazione. In prima battuta Leroi-Gourhan, grazie al quale si è dimostrato che «non si può comprendere l’evoluzione corticale indipendentemente dall’evoluzione degli organi litici».7 Il processo stesso di ominazione – cioè il processo che porta all’homo sapiens – è co-originario allo sviluppo tecnico, inteso come esteriorizzazione delle facoltà umane, in particolare la memoria: «l’esteriorizzazione è l’ominazione»,8 come afferma Stiegler. Ecco dunque che la storia dell’essere umano è “relativamente bio-logica” a causa dell’ineliminabile tecnicità che è in essa radicata. L’impossibilità di riferirsi ad una vita pura, non attraversata e modificata dal rapporto con il suo esterno tecnico, mostra il carattere costitutivamente “difettoso” dell’essere umano: questo difetto è un “dèfaut qu’il faut”, ovvero una “mancanza che ci vuole”. Proprio la necessità di mantenere questo carattere difettivo, che macchia la purezza del biologico, rende Stiegler profondamente affine allo spirito della decostruzione, intesa come «ciò che mira a contestare tutte le opposizioni legate a 25 secoli di filosofia e metafisica»,9 qui in particolare l’opposizione tra biologico e macchinico, naturale ed artificiale.
L’organologia generale riguarda dunque quell’ambito di protesi tecniche che, seppure in linea di massima non organiche, hanno con l’organico un rapporto indissolubile, tale da rendere quest’ultimo impensabile senza il primo, supplemento tecnico capace di modificare l’organico.10 Ciò si muove in linea con la logica del supplemento individuata da Derrida,11 «che rinvia a sua volta non a un’ontologia, cioè a un essere pieno, identico e presente a se stesso, ma a un’archi-traccia, che si fa sempre difetto [se fait toujours défaut ], non si costituisce che dividendosi, come dif-ferenza».12 L’organologia si pone tuttavia in uno scarto, perlomeno di intenti, rispetto alla decostruzione derridiana: se il merito di Derrida consiste nell’aver sottolineato, nel testo di Husserl,13 il lavoro della differenza tra quelle che Stiegler chiama ritenzioni primarie e secondarie – rispettivamente percezione ed immaginazione –, il nucleo centrale dell’organologia ruota intorno alle ritenzioni terziarie, cioè quei sostegni tecnici di memoria esteriorizzata che egli definisce “epifilogenetici”: «la vita tecnica attraverso gli organi tecnici e non attraverso gli organi fisiologici: organologico, non solo organico».14 Fare della traccia tecnica «la condizione d’accesso alla traccia in generale»15 significa per Stiegler ripetere «in qualche modo il gesto di Heidegger, il quale postula un “essente privilegiato”, colui che pone questioni, che siamo noi stessi»,16 con la decisiva differenza che ora l’obiettivo non è più la questione dell’essere, bensì dell’individuazione – punto di raccordo con il pensiero di Gilbert Simondon. Ciò significa che, una volta elaborata, attraverso Derrida, una logica del supplemento tecnico nel suo intreccio con l’organico, Stiegler tenta, attraverso Simondon, di descrivere con l’organologia generale il ruolo mediatore che le ritenzioni terziarie intrattengono con il processo di individuazione umana nel suo complicato intreccio non solo tecnico ed organico, ma in generale con ogni relazione intersoggettiva. Come nota il curatore all’edizione italiana,17 la natura di questi rapporti è descritta da Stiegler riprendendo alcune nozioni centrali del pensiero di Simondon: la transindividualità, cioè l’intreccio di ogni processo di individuazione con altri, e la metastabilità, cioè l’impossibilità per ogni processo di individuazione di chiudere l’individuo in una sostanza stabile. Fondamentale, tuttavia, è il concetto di trasduttività, utilizzato da Stiegler per chiarire il rapporto tra organico e organologico:
l’organico, nella vita tecnica, è originariamente costituito nella sua stessa organicità dall’organologico. Reciprocamente l’organologico è intrinsecamente costituito dalla forma organica della vita tecnica. In altre parole, nella vita tecnica l’organico non può essere pensato senza l’organologico e viceversa.18
Se l’organologia generale è la cornice teorica di Stiegler, la farmacologia positiva ne è l’aspetto pratico. A una delineazione di ciò è dedicata la seconda parte del testo, la quale, sebbene più breve, ne offre le linee generali. Anche qui, il riferimento va a Derrida, ed in particolare ad una rilettura del pharmakon, preso dall’indecidibilità del suo essere al contempo “rimedio” e “veleno”, che il filosofo della decostruzione individua nel testo platonico.19 Per Stiegler l’esteriorizzazione tecnica incarna questo aspetto farmacologico: da un lato è necessaria per l’ominazione, in quanto consente la costituzione dell’ambito psico-sociale; dall’altro la memoria tecnica è da sempre intaccata dalla possibilità di diventare strumento di dominio, causa di una “miseria simbolica”,20 in quanto sempre esposta all’iterabilità e alla manipolabilità. Mantenendo l’ambivalenza del pharmakon nel processo di individuazione, la questione concernente una farmacologia positiva è quella di una tecnicità positiva, ossia:
Un sapere che non è scienza, ma che, prendendosi cura di ciò che non si presenta mai come un’opportunità o come una virtù […] se non è accompagnato dal suo contrario (un espediente, una dipendenza, un veleno), non tenta di ridurre la duplicità; sa al contrario che questa condizione di impossibilità è la condizione di una positività contingente, accidentale, fortunata in questo, tyche che diviene kairos, cioè possibilità sorta da un’impossibilità e come necessità di un difetto (quel che Blanchot chiama l’improbabile).21
Questa tecnicità positiva, una sorta di phronesis farmacologica, tenta di non ricadere nel falso dilemma tra disprezzo o santificazione della tecnologia, cioè tra la tentazione di restaurare un passato mitico, mai esistito, in cui la vita non era intaccata dalle sue protesi tecniche, e una comprensione acritica in cui la tecnica, completamente naturalizzata, assume l’inattaccabilità e la certezza di una legge di natura. Nessuna di queste due è la strada presa da Stiegler: «non si tratta né di adattarsi né di resistere: si tratta di inventare. E una tale invenzione non può essere altro che un combattimento, che a sua volta non può essere che una critica radicale».22
1 Su quanto questi due atteggiamenti siano stati profondamente pervasivi cfr. M. Nacci, Pensare la tecnica. Un secolo di incomprensioni, Laterza, Roma-Bari 2000.
2 B. Stiegler, L’immunità della filosofia. Riflessioni sulla tecnica e decostruzioni del moderno dopo Derrida, trad. it. di D. Cecchi, Castelvecchi, Roma 2021.
3 B. Stiegler, Allgemeine Organologie und positive Pharmakologie (Theorie und Praxis), in E. Hörl (a cura di), Die technologische Bedingung: Beiträge zur Beschreibung der technischen Welt, Suhrkamp, Berlino 2017, pp. 110-146.
4 Riguardo all’aspetto biografico rimando a B. Stiegler, Passare all’atto, trad. it. di E. Imbergamo, Fazi, Roma 2005.
5 B. Stiegler, L’immunità della filosofia. Riflessioni sulla tecnica e decostruzioni del moderno dopo Derrida, cit., p. 42.
6 Ivi, p. 16.
7 Ivi, p. 18.
8 Ivi, p. 29.
9 Ivi, p. 31.
10 Cfr. ivi, p. 26.
11 Cfr. J. Derrida, Della grammatologia, trad. it. di G. Dalmasso, Jaca Book, Milano 2020, pp. 197-227.
12 B. Stiegler, L’immunità della filosofia. Riflessioni sulla tecnica e decostruzioni del moderno dopo Derrida, cit., p. 25. Riguardo all’”archi-traccia”, termine strategico, insieme ad “archi-scrittura”, utilizzato da Derrida per sottolineare l’impossibilità di una presenza piena ed autonoma, e quindi il desiderio della metafisica della presenza, si rimanda a J. Derrida, Della grammatologia, cit., Parte Prima, La scrittura prima della lettera.
13 Cfr. J. Derrida, La voce e il fenomeno. Introduzione al problema del segno nella fenomenologia di Husserl, trad. it. di G. Dalmasso, Jaca Book, Milano 2021.
14 B. Stiegler, L’immunità della filosofia. Riflessioni sulla tecnica e decostruzioni del moderno dopo Derrida, cit., p. 30.
15 Ivi, p. 39.
16 Ibidem.
17 Ivi, p. 9. Per una trattazione più approfondita si rimanda a G. Simondon, L’individuazione alla luce delle nozioni di forma e d’informazione, trad. it. di G. Carrozzini, Mimesis, Milano-Udine 2020.
18 Ivi, p. 18.
19 Cfr. J. Derrida, La farmacia di Platone, trad. it. di S. Petrosino, Jaca Book, Milano 2015.
20 Cfr. B. Stiegler, La miseria simbolica. 1. L’epoca iperindustriale, trad. it. di R. Corda, Meltemi, Milano 2021, pp. 27-43.
21 B. Stiegler, L’immunità della filosofia. Riflessioni sulla tecnica e decostruzioni del moderno dopo Derrida, cit., p. 57.
22 B. Stiegler, Amare, amarsi, amarci, trad. it. di A. Porrovecchio, Mimesis, Milano-Udine 2014, p. 147.
BIBLIOGRAFIA
Derrida J., Della grammatologia, trad. it. di G. Dalmasso, Jaca Book, Milano 2020.
Id., La farmacia di Platone, trad. it. di S. Petrosino, Jaca Book, Milano 2015.
Id., La voce e il fenomeno. Introduzione al problema del segno nella fenomenologia di Husserl, trad. it. di G. Dalmasso, Jaca Book, Milano 2021.
Nacci M., Pensare la tecnica. Un secolo di incomprensioni, Laterza, Roma-Bari 2000.
Simondon G., L’individuazione alla luce delle nozioni di forma e d’informazione, trad. it. di G. Carrozzini, Mimesis, Milano-Udine 2020.
Stiegler B., Allgemeine Organologie und positive Pharmakologie (Theorie und Praxis), in E. Hörl (a cura di), Die technologische Bedingung: Beiträge zur Beschreibung der technischen Welt, Suhrkamp, Berlino 2017.
Id., Amare, amarsi, amarci, trad. it. di A. Porrovecchio, Mimesis, Milano-Udine 2014.
Id., La miseria simbolica. 1. L’epoca iperindustriale, trad. it. di R. Corda, Meltemi, Milano 2021.
Id., L’immunità della filosofia. Riflessioni sulla tecnica e decostruzioni del moderno dopo Derrida, trad. it. di D. Cecchi, Castelvecchi, Roma 2021.
Id., Passare all’atto, trad. it. di E. Imbergamo, Fazi, Roma 2005.
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