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Ipotesi per una letteratura queer

Luca Starita
17 ottobre 2022

ABSTRACT

Queer opposite of straight, crooked opposite of normal, socially accepted, recognized, as opposed to a model of behavior given as true and unique and rigid. Where can queerness be found in literature? In the hints, in the distortions of meaning, in the subversions of sexes and genders, in the alterations of canons. Queer is a state of eccentricity, of a wild divergence from a socially accepted and promoted normality, it is an unclassifiable condition that makes the inside talk. Rereading authors such as Aldo Palazzeschi, Alberto Moravia, Carlo Emilio Gadda, Elsa Morante, Sibilla Aleramo and others using the concept of queer allows us to support the deeper nature of the text which is expressed in all its multiformity.


KEYWORDS

Gender & Queer Studies, Literature, Canon, Politics, LGBTQIA+ Community.


Decostruire il corpo e le implicazioni sociali che si riferiscono al possedere il corpo sono i primi atti di un atteggiamento rivoluzionario nei confronti della propria personale condizione vitale. L’idea che il comportamento che si riferisce all’essere un “uomo” e il comportamento che si riferisce all’essere una “donna” siano derivati sociali e politici, convenzioni culturali che sopravvivono da decenni nell’inconsapevolezza di chi vi aderisce, è ciò su cui si basa il tentativo di rielaborazione della struttura dell’ordine universale. Il sistema basato su due soli generi sembra in qualche modo inevitabile ed è sopravvissuto per centinaia di migliaia di anni: la convinzione che l’uomo sia coraggioso e imperioso e la donna debole e dipendente è una gigantesca bugia a lungo perpetrata.


Nel suo Manifesto controsessuale, Paul B. Preciado associa le sessualità alle lingue, laddove entrambe sono sistemi complessi di comunicazione e di riproduzione della vita. Come le lingue, infatti, anche le sessualità sono costrutti storici con genealogie comuni. Durante l’infanzia non di rado ci viene imposto sia un monolinguismo che una monosessualità: si entra nella monosessualità attraverso gli atti medici e legali dell’assegnazione di genere, attraverso l’educazione e la punizione, la lettura e la scrittura, il consumo di immagini, la mimica della ripetizione e attraverso il dolore e il piacere. Così come il linguaggio verbale, ci è possibile imparare un altro linguaggio sessuale con un maggiore o minore senso di alienazione e di estraneità, di gioia e di appropriazione. È possibile, dunque, inventare e imparare altre sessualità e aderire ad altri regimi di produzione di piacere e di desiderio.1

Entriamo spesso in contatto con concetti come “patriarcato” e “pensiero unico”. E ogni volta succede che mi torna in mente il termine “educastrazione” coniato da Mario Mieli: con questo neologismo Mieli intendeva portare alla luce l’idea che ci fosse – e che c’è, ancora oggi – una matrice educativa che porta a far crescere i bambini con l’idea che solo la via dell’eterosessualità e della netta distinzione dei sessi sia quella giusta.2

Ma cosa c’entra la letteratura con tutto questo?

A Santa Cruz, nel febbraio del 1990, in occasione di una conferenza all’Università della California, Teresa de Lauretis propone un termine unico per raggruppare gli studi gay e lesbici, creando un’identità comune: queer. Il termine queer ha una radice antica, nel verbo latino torquere che significa rendere storto. Ricercando queer su un qualsiasi vocabolario si può riscontrare l’occorrenza di tre significati principali: il primo, old-fashioned, è quello di strano, inusuale, strambo; il secondo, sinonimo di “gay”, viene utilizzato con accezione offensiva; il terzo, quello più recente, si riferisce a chi non si riconosce nelle distinzioni tradizionali del sesso e/o del genere. È a quest’ultimo significato che fa riferimento la teoria queer. Più che la teorizzazione di un’identità vera e propria, la teoria queer è una critica all’identità stessa: si tratta di interiorizzare l’idea che non siano il sesso biologico o il genere di appartenenza a determinare i comportamenti delle persone, e che questi ultimi non siano altro che il risultato di numerose convenzioni sociali costituitesi nel corso del tempo sulla base di una cultura sostanzialmente patriarcale. Il lavoro di studiose come la già citata De Lauretis, insieme a Judith Butler ed Eve Kosofsky Sedgwick – per citarne alcune –, sulla scia del pensiero di Foucault, Derrida, Kristeva, mette in discussione la solidità e la componente naturale dei paradigmi identitari esistenti, non negando che essi nascano da qualcosa di legittimo, ma nemmeno sostenendo che siano verità oggettive. Avere a che fare con il genere significa costruire e decostruire, due azioni che spogliano l’esperienza umana e ne rivelano l’interiorità più profonda. Per dirlo con le parole di Butler:

Se è vero che il genere è una sorta di agire, un’incessante attività in svolgimento, in parte, inconsapevolmente e involontariamente, è vero anche che per tale ragione essa non è automatica o meccanica. Al contrario, è una pratica di improvvisazione all’interno di una scena di costrizione. Inoltre, non si ‘fa’ il proprio genere come singoli. Si ‘fa’ sempre con e per un altro, anche se l’altro è solo immaginario. Ciò che chiamo mio ‘proprio’ genere forse a volte appare come qualcosa di cui io sono au- trice o di cui ho il possesso. Ma le condizioni che determinano il nostro genere sono, fin dall’inizio, al di fuori di noi, al di là di noi stessi, in una socialità che non ha un singolo autore (e che contesta radicalmente la nozione stessa di autorialità).3


Ma come può una teoria essere queer? Tentare di definirla costituirebbe una contraddizione per il nucleo della teoria stessa. Queer è un termine volutamente ambiguo ed è contemporaneamente un modo di nominare, descrivere, fare ed essere. Sarebbe opportuno pensare alla teoria queer come a teorie queer, al plurale, perché in esse sono contenute tante voci differenti e a volte sovrapposte, a volte divergenti. La volontà di non definizione è essa stessa una definizione specifica.

La pluralità del queer si può riscontrare anche nelle sue tre differenti modalità d’uso: come nome, come identità e come verbo. Quest’ultima natura verbale viene espressa nel suo potenziale più politico negli anni Ottanta, quando la comunità LGBTQIA+ si appropria del termine per raccogliere una moltitudine resistente e non normativa di sessualità e di generi: queer è la parola perfetta, perché racchiude in sé la lunga storia di insulti e di abusi che la comunità LGBTQIA+ ha subito nei secoli. Oggi queer ha un significato che supera la focalizzazione sul desiderio omosessuale e si spinge oltre il concetto di identità stesso: in esso convergono il postmodernismo, il poststrutturalismo, il femminismo, il lesbismo, l’attivismo omosessuale e bisessuale, gli studi gay e lesbici e l’attivismo trans. Il concetto di queer si oppone a tutto ciò che si può definire con il termine norma: questo si riferisce agli standard, alle regole e alle aspettative, si associa a ciò che è, appunto, normale. Sul fronte opposto troviamo chi resiste non solo alle norme che riguardano la sessualità o il genere, ma a qualsiasi tipo di norma. La queerness cresce in un campo di cui non è facile circoscrivere il nucleo: è un concetto identitario o anti-identitario? È una metodologia accademica o un sistema di pensiero che si evolve continuamente e non può essere categorizzato? La queerness è di certo una rete, una rete di possibilità che non si fossilizza su una unica esperienza monolitica di comprensione del genere e della sessualità.

Un altro fattore che allontana il concetto di queer dal mondo omosessuale contemporaneo è che proprio questo mondo si sta avviando gradualmente verso una normalizzazione: le coppie omosessuali possono sposarsi, possono avere figli, possono separarsi, intestarsi un mutuo congiunto ed entrare in quei contesti sociali che un tempo erano loro preclusi. L’omosessuale, oggi, giuridicamente e socialmente è, anche se in Italia parzialmente, un essere riconosciuto. Si può quindi avvertire una diramazione: la queerness intesa come via verbale e quindi politica, legata all’attivismo, ai diritti, all’identità intesa come identità sociale e politica, si scontra con la nascita di una nuova individualità, un’individualità che potremmo dire consumistica, legata a un gruppo e a un target definito. Dall’altra parte, invece, troviamo un’idea più distaccata dalla realtà sociale e politica, che si sviluppa sul concetto più puro di queer, insistendo sull’incapacità di definire l’individualità sotto tutti i punti di vista, facendo decadere quindi gli status di femminista, attivista gay, transgender e simili, secondo quella concezione foucaltiana dell’esperienza nuda dell’ordine, con l’idea che l’incarnazione queer possa essere esperita solo riconoscendoci ed essendo riconosciuti da altrə queer.

Quello che io definisco “il fattore queer”, legato al mondo letterario, è una caratteristica che va scovata negli accenni, negli stravolgimenti di significato, nei sovvertimenti dei sessi, nelle alterazioni dei canoni, secondo l’uso che sì, riguardava stricto sensu l’omosessuale che si camuffava con la finzione e con un’eterosessualità obbligata, ma che può essere ritrovato anche in quellə autorə che da sempre sono statə interpretatə con una visione unificatrice. Si potrà, quindi, vedere che nel sostrato di una cultura istituzionalizzata e presa per buona è in realtà nascosta una fitta rete di collegamenti e di rimandi che sottolineano la capacità degli scrittori di dire ciò che si vuol dire pur non esplicitandolo, proponendo, talvolta, le vicende di persone comuni che, alla fine, di comune non hanno nulla.

Se pensiamo alla letteratura italiana del Novecento, quella canonica, quella dei programmi scolastici, ci vengono in mente, bene o male, gli stessi nomi. Tutte le persone che hanno avuto la fortuna di studiarla, andando quindi un po’ oltre il consueto sfioramento, avranno incontrato i nomi di Ungaretti, Pirandello, Saba, Montale, Svevo, D’Annunzio, Calvino e pochi altri, nomi la cui grandezza e rilevanza letteraria è appurata e inconfutabile. Eppure, tentando di andare un po’ più in là, si possono trovare personalità che ci suggeriscono con le loro opere un’altra idea di letteratura, un’idea che si discosta da un “pensiero unico” portato avanti nella maggioranza delle istituzioni scolastiche.

Se si ha la pazienza e la costanza di grattare un po’ quella superficie canonica, si scoprirà che il Novecento propone numerosi titoli che permetterebbero di consolidare l’idea che nel secolo scorso ci fosse l’esigenza concreta di proporre personaggi indefiniti e inusuali: intendo lavori di Alberto Moravia, Carlo Emilio Gadda, Elsa Morante, Aldo Palazzeschi, Giovanni Comisso, Giorgio Bassani, Alba de Céspedes, Sibilla Aleramo, Natalia Ginzburg, Alberto Arbasino, Pier Vittorio Tondelli e altrə. So per certo che mi sarebbe stato d’aiuto scoprire che gli interrogativi che ho sviluppato nell’arco della mia crescita, le angosce che hanno influenzato il mio modo di vedere la vita e di vivere la mia sessualità, i vizi e le convinzioni che hanno lottato dentro di me e ancora lottano, erano stati già affrontati a fondo da una generazione di scrittorə. Scrittorə che, anche nelle Università, sembrano essere statə dimenticatə.

Nel 1981 Francesco Gnerre pubblica per la prima volta la sua tesi di laurea, L’eroe negato, in cui sono analizzati tanti testi di autori italiani che però vengono considerati a compartimenti stagni, lo scrittore con la propria opera in una camera solitaria a riflettere sull’omosessualità di quel personaggio o quell’altro. Ciò che ne deriva è una visione statica della letteratura: i personaggi presentati dalle connotazioni omosessuali o pseudo omosessuali rimangono nella loro sfera d’azione e subiscono una definizione a tratti sterile e distaccata. Il personaggio omosessuale in quelle storie è interpretato da Gnerre sempre come qualcosa di esterno, verso cui ci si rivolge con compassione o condanna. Le personalità presentate nel libro L’eroe negato appaiono sconnesse, e i tratti a loro comuni erano quelli relativi al “vizietto” di cui Moravia scrive in Agostino, una deviazione non essenziale da quella che comunque era la generale norma di comportamento accettata: una visione, questa, che è necessario superare.

Come scritto in precedenza, queer indica uno stato di eccentricità, di divergenza folle da una normalità socialmente accettata e promossa, di condizione inclassificabile. La teoria queer fa parlare l’interno, con il tentativo di dare voce a quel nucleo profondo che forma la coscienza umana nella sua unicità e di presentarla nella sua forma più pura, senza impalcature intellettuali o teorie secolari. È necessario imboccare una strada letteraria alternativa a quella istituzionale che si discosta da una norma unificatrice ma che si incontra, alla fine, nell’unico concetto riassunto nel termine letteratura, quell’utopia accennata da Foucault. La parola deve trovare un nuovo spazio per essere letta così com’è stata concepita, senza cadere nel tentativo di essere forzata e inquadrata in qualcosa di prescritto e definitivo. Queer è l’opposto di straight, “dritto”, “normale”, e il “normale” è convenzione sociale, nient’altro che aderire a una norma prestabilita dalla cultura, dalla politica, dalla religione, dagli stereotipi, dalla famiglia, dalla società in generale. Rileggere i testi letterari in questa chiave non significa altro che assecondare la natura più profonda del testo, così com’è stato costruito dall’autorə, affinché si esprima in tutta la sua multiformità.

1 P.B. Preciado, Manifesto controsessuale, Fandango, Roma 2019, ed. digitale, p. 126.

2 M. Mieli, Elementi di critica omosessuale, Feltrinelli, Milano 2018, p. 17.

3 J. Butler, La disfatta del genere, Booklet, Milano 2015, p. 25.


BIBLIOGRAFIA

Bellassai S., L’invenzione della virilità, Carocci, Roma 2011.

Bernini L., Le teorie queer, Un’introduzione, Mimesis, Milano 2017.

Butler J., La disfatta del genere, Booklet, Milano 2015.

Fryer D.R., Thinking queerly: race, sex, gender, and the ethics of identity (cultural politics and the promise of democracy), Routledge, New York 2016.

Giartosio T., Non aver mai finito di dire – classici gay, letture queer, Quodlibet, Macerata 2017.

Gnerre F., L’eroe negato - omosessualità e letteratura nel Novecento italiano, Rogas edizioni, Roma 2018.

Preciado P.B., Manifesto controsessuale, Fandango, Roma 2019.

Wilchins R., Queer theory, gender theory: an instant primer, Magnus books, New York 2004.

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